"Va detto. All’inizio il romanzo è sfrontato , se vogliamo (se ancora si può usare questo aggettivo) scandaloso. L'autore non ha remore nel descrivere le tempeste ormonali del maghetto Fabio, di cui seguiremo tutte le caratteristiche e gli sviluppi del suo universo erotico, dalle risate che ci strappa con i suoi primi spettacolini di magia fino a toccare corde liriche e struggenti in un finale di avvolgente illusione surreale. E fa bene l'editore a specificare che trattasi di edizione integrale, dacché in certi momenti si va anche oltre le esuberanze sessuali del Portnoy di Roth. Tanto per fare un esempio.
Ma "Il fiore azteco" è soprattutto un romanzo di formazione, l'autore gioca col suo doppio, alterna finzioni e verità, e a metà della storia svela il motore che lo ha spinto a scrivere: il trauma della guerra delle Falklands-Malvinas del 1982, cui egli nella realtà ha partecipato come recluta insieme all'amico Carlos.
Il linguaggio spregiudicato diventa allora di denuncia. Denuncia di un regime che, sfidando ogni credibilità, aveva voluto imbarcarsi in un'avventura dalla tragedia annunciata, causando la morte di centinaia di giovani coscritti. Denuncia della corruzione dei gradi più alti dei militari argentini, delle condizioni delle reclute, della situazione di un paese che per sopravvivere doveva inventarsi le cose più impensabili.
"Il fiore azteco" è un romanzo che sorprende, spudorato e lirico al tempo stesso. Divertente e commovente. Un romanzo che saprà farvi fare grasse risate, che forse vi farà arrossire in certi passaggi particolarmene hard, ma che alla fine vi lascerà con un groppo alla gola.
Il libro, nella sua struttura, è significativo di una linea di tendenza della letteratura argentina (linguaggio, contesto, sesso come vitalità e disperazione, memoria storica). Molti lettori lo hanno apprezzato. Se ancora non lo avete letto non perdetelo, datemi retta."
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