14.11.24

IL FIORE AZTECO / DANIELE MUSTO


 “Ecco il mio personalissimo circoletto rosso alla pagina 163 de Il fiore azteco - Gustavo Nielsen (Tempesta Editore. Traduzione di Giovanni Barone): la nonna del protagonista del romanzo, Fabio, raccontato nel momento dell'infanzia, poi in quello della gioventù, infine della maturità - questo è quello della maturità! - rivela al nipote di aver staccato, dal pannello della cassetta di scarico del bagno, l'immagine del fiore azteco, la figura di prestigio nella quale la valletta siede su di un tavolino apparendo al pubblico senza le gambe, oggetto delle sue fantasie sessuali - gioco di prestigio che letteralmente ossessiona il protagonista del libro fin dalla prima infanzia -, nel tentativo estremo di impedire al nipote di perdere tempo, e la vita, vita che la nonna intende nel senso del più classico soddisfacimento dei canoni borghesi di "trovare una brava ragazza, sposarla e mettere su famiglia", masturbandosi nel bagno per tutto il giorno (la nonna riferisce di averlo sentito entrare e uscire dal bagno anche trenta volte al giorno). Il passaggio chiave, emblematico della cifra stilistica della scrittura di Nielsen, sta nella parte sottolineata: "È per il tuo bene". Disse lei, e aggiunse, autoritaria, "Perché io avevo un nipote mago, e adesso è uno spettatore che vede passare la vita davanti a sé. Perché avevo un nipote sorprendente che teneva testa ai vicini, anche se sbagliava, e che mi faceva sentire orgogliosa comunque perché mi faceva ridere, che cazzo!" E si mise a piangere. Ma di rabbia, gettando a terra il telaio e sbattendo il ditale sul tavolo. Piangeva gridando. Gridando disse che le mancava la magia. Disse cazzo disse merda. Così, merda e merda e sbatteva il pugno sul tavolo, merda, merda e cazzo e merda.

La nonna si riferisce a quando il nipote, da bambino, nel garage di casa, davanti a pochi spettatori, tutti personaggi del vicinato, un microcosmo di quartiere che riflette un macrocosmo nazionale, mettendo in scena i suoi giochi di prestigio, sempre problematici e malriusciti, per quanto organizzati nei minimi particolari e col massimo impegno, comunque sia la facevano sentire orgogliosa. Di più; determinavano un vero e proprio riscatto morale, suo e di tutta la famiglia, che idealmente era il riscatto morale del quale avrebbe avuto bisogno l'Argentina post peronista colpita da una crisi politica e economica oramai senza via d'uscita.

È l'alto e il basso, il limite tra la tragedia e la commedia che si fondono in questo romanzo davvero bello, dove il dramma della vita, della malattia e della morte del suo migliore amico, Carlos, della povertà e della guerra (quella surreale, quindi devastante per l'orgoglio di un popolo già così pesantemente condannato dalla storia, delle Falkland) e del tempo che passa incurante di tutto e di tutti, per contrasto, è resa ancora più dolorosa dalla contrapposizione rispetto la, apparentemente, "leggera attitudine" umoristica del protagonista del libro, costantemente distratto da pratiche onanistiche continue e reiterate, e difettosi giochi di prestigio, che non sono solo bisogno di leggerezza, ma una vera e propria necessità di mistificare la vita per continuare a sognare, e quindi a esistere, nonostante tutto. "Gridando, la nonna disse che le mancava la magia", cosa c'è di più vero, e di più drammatico?

Un libro davvero bello.”

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